Comune di Berceto
Estremi cronologici: 1806-2006
 

 

      Situato sulla destra della valle del torrente Manubiola, Berceto è di antica origine, forse etrusca, e certamente fu stazione romana, come avverte la Tavola Alimentaria di Velleja. Ma lo sviluppo del paese, è da collegarsi alla strada che, attraverso l'Appennino, metteva in comunicazione la Pianura Padana con la Toscana e quindi con Roma. L'arteria assunse particolare importanza nei sec. XI - XIII, quando divenne uno dei principali itinerari per i pellegrini che si recavano a Roma. Secondo la prima memoria storica, nei primi anni del VIII secolo il re Liutprando fece costruire, lungo la Strada Romea, sulla cima del monte Bardone "quel monastero che fu chiamato Berceto" . Di esso fu abate, e vi fu sepolto, San Moderanno, dando vita così ad una nuova ed intensa devozione. Nell'879 l'abbazia, che aveva terre che si estendevano fino al confine toscano, fu concessa da Carlomanno al Vescovo di Parma, in linea con la politica di gestione delle abbazie dei Franchi, che preferivano sottometterle all'autorità secolare cittadina. A seguito dello spegnersi della vitalità del monastero la chiesa fu trasformata in pieve, e i vescovi di Parma disposero a loro piacimento dei beni abbaziali. La successiva conferma del 1035 sancì la dipendenza della pieve, molto ricca, dalla chiesa di Parma e la scomparsa dell'abbazia e dei suoi privilegi. Nel XII secolo il borgo fortificato fu possesso del comune di Parma, e per un certo periodo fu governato da un podestà anche in funzione della sorveglianza della strada che lo attraversava, chiamata ormai Francigena o Romea e particolarmente importante da un punto di vista economico e strategico-militare. Sorsero contese tra il Comune di Parma ed il Vescovo; il Comune di Parma pretendeva di esercitare giurisdizione civile sulle Signorie vescovili, fra cui quella di Berceto occupava un posto di notevole importanza. Il Vescovo si rivolse allora al Papa Onorio III e, poiché il Comune rifiutò di ascoltare la sua sentenza, venne lanciata la scomunica contro la città. La contesa infine si chiuse con un arbitrato: il Vescovo mantenne il possesso del territorio concedendo al Comune il solo diritto di esercito, ossia il diritto di cavalcata sulle terre stesse, di far leva e guardare le roccaforti. Nel 1220 il Comune ottenne poi dal Vescovo il permesso di costruire un castello dominante la via Romea, la cui realizzazione è accertata dall'inizio del XIII sec sulle spoglie di un antico presidio longobardo. Nel 1240 circa il castello fu ultimato, e vi entrò un podestà, in nome del Comune di Parma. Poco più tardi, come emerge da uno statuto comunale, si ebbe anche la presenza, in Berceto, di un pubblico notaio, chiaro segno dell'estendersi della giurisdizione del Comune dalla sfera militare alla vita civile. Dopo un lungo susseguirsi di lotte tra guelfi e ghibellini, il castello acquistò la sua definitiva imponenza col dominio dei Rossi, a partire dal 1441. In quell'anno esso venne ceduto dalla Camera ducale milanese a Pier Maria Rossi, dichiarandolo, insieme a tutte le sue dipendenze, del tutto svincolato dall'autorità comunale. Nel XVI secolo il potere legislativo, esecutivo e giudiziario era in mano al Conte, "Signore di Berceto" il quale però non si occupava direttamente delle questioni amministrative dei suoi sudditi, delegando tale compito al Podestà. Egli, in quanto suo rappresentante, aveva giurisdizione in tutti i campi, compreso quello giudiziario, nel quale era "pretore". Accanto al Podestà, che durava in carica due anni e doveva essere estraneo alla zona, veniva eletto un consiglio di quaranta cittadini che formavano una specie di Giunta del Podestà; ad essi spettava il compito di stabilire il calmiere del pane, del vino e della carne e compiere la verifica dei pesi e delle bilance. Il potere del Consiglio era concentrato soprattutto al corpo degli otto Presidenti, i quali eleggevano due procuratori dei poveri, avvocati difensori delle vedove, dei nullatenenti e dei carcerati. Accanto a questo considerevole numero di persone che operavano nella Comunità bercetana, notevole importanza era attribuita ai "Daziari", i quali, dopo aver vinto l'appalto del dazio, dovevano attendere puntigliosamente al loro compito, pena la possibilità di essere incarcerati se non avessero pagato le rate trimestrali pattuite col Comune. Nei secoli successivi Berceto fu al centro di aspre contese tra fazioni guelfe e ghibelline che portarono al succedersi, nella signoria del borgo, dei Rossi, antica famiglia parmigiana, dei Da Correggio, dei Fieschi di Lavagna (che vi insediarono come vicario Gian Quirico Sanvitale), dei Della Scala di Verona. Il feudo tornò infine ai Rossi, che restarono signori incontrastati fino al 1666, quando fu ceduto per debiti alla Camera Ducale farnesiana. In seguito, dal 1736 al 1805, appartenne ai marchesi Tarasconi - Smeraldi di Parma. Durante la dominazione francese il territorio fu aggregato al Dipartimento dell'Appennino, ma nel 1814 tornò parte integrante del Ducato di Parma e ne seguì le sorti comuni. Nel XIX secolo l'eco dei moti risorgimentali si sentì anche a Berceto, dove, una domenica del 1831 (in concomitanza con la fuga della Duchessa Maria Luigia da Parma a Piacenza) si tenne una manifestazione con il tricolore e il corteo, alla quale partecipò tutta la popolazione. Ma Maria Luigia tornò a Parma, dove restò per molto tempo ancora, e il Maresciallo di Borgotaro sedò gli entusiasmi risorgimentali di quanti avevano partecipato al corteo, compresi il maresciallo Ducale e il Podestà, che venne sostituito. Maria Luigia, Duchessa di Parma, nel 1835 e 1836 visitò più volte Berceto, che in questo periodo era ancora un caposaldo della viabilità (rappresentata dall'apertura della strada della Cisa), e dispose le risorse necessarie per l'ormai indispensabile intervento di consolidamento della Pieve di San Moderanno. Per la sua posizione strategica il paese tornò ad assumere importanza di rilievo nei periodi di guerra, in particolare durante il secondo conflitto mondiale, divenendo avamposto tedesco alle spalle della Linea Gotica. Per mantenere il controllo sui collegamenti tra il territorio parmense e il fronte, le truppe naziste, per quanto ostacolate dalla guerriglia partigiana, occuparono massicciamente il borgo nell'estate del 1943 e lo tennero fino alla Liberazione, nell'aprile del 1945. Dal 1946 anche a Berceto vennero ripristinate le istituzioni democratiche che regolano la vita del paese.

      Bibliografia:

        Diacono Paolo, Historia Langobardorum, Electa, Milano 1985. Cattelani Remo, I Comuni del Parmense, tip. La Bodoniana, Parma 1959. Giovanni Pietro Bernini, I grandi restauri al Duomo di Berceto fatti eseguire da Maria Luigia nel 1845, tip. La Nazionale, Parma 1975. Lodola Maria Laura, Berceto 1860: patriottismo sì, patriottismo no, in "Per la Val Baganza", 1984. M. Pioli, R. Pettenati, Appunti di vita bercetese nella guerra 1939-1945, in "Per la Val Baganza", 1996. Berceto, in Enciclopedia di Parma, dalle origini ai giorni nostri, F. M. Ricci, Parma 1998. Marco Minardi, Guerra sui monti. Guerra e resistenza nell'Appennino parmense, in Guerra, guerriglia e comunità contadine in Emilia Romagna 1943-1945, Reggio Emilia 1999 Centro Studi della Valle del Ceno (a cura di), Berceto e la via Francigena, Parma 1999. Giovanni Pietro Bernini, La Madonna delle Grazie di Berceto, un santuario sulla via dei pellegrini. Note e documenti, Editoria tipolitotecnica, Sala Baganza (Pr) 2000 M. Pioli, R. Pettenati, Berceto sotto l'occupazione tedesca 1943-1945, in "Storia e documenti. Semestrale dell'Istituto storico della Resistenza di Parma", n. 6, 2001 F. Grisenti, G. Bertozzi, "Monasterium quod Bercetum dicitur", tip. Artegrafica Silva, Parma 2005. Ilaria La Fata, Brunella Manotti, Le Valli del Taro, Ceno e Baganza, in Emilia Romagna. Itinerari nei luoghi della memoria 1943-1945, Touring Club Italiano, Milano 2005 Sentieri Partigiani della Provincia di Parma. Itinerari della memoria nell'Appennino Parmense, Istituto storico della Resistenza e dell'età contemporanea di parma, Soprip, Provincia di Parma, Parma 2006